Dai un nome alle emozioni
Lisa:
E’ quando un professionista riconosce le proprie emozioni che può valorizzare e migliorare la relazione medico-paziente
Dottor Sforza
Io ho imparato a fare il medico guardando gli altri colleghi.
Durante l’Università ero un entusiasta, credevo che sarei stato il medico migliore del mondo, che avrei saputo aiutare gli altri e … soprattutto … che avrei saputo ascoltare i miei pazienti. Gli anni di studio sono stati … impegnativi… per il tipo di materie che dovevo affrontare.
Alcune erano veramente difficili e noi studenti venivamo travolti dagli esami, ci chiudevamo in casa per settimane, mesi, a studiare a più non posso.
Ci siamo, però, sempre accorti che ci mancava qualcosa … ci mancava un corso su come relazionarci con i pazienti … come relazionarci con i colleghi medici … e con noi stessi …. come medici … intendo dire a livello interiore …
Tutti parlano sempre della relazione medico – paziente e nessuno parla mai della relazione che ha il medico con se stesso?!
Della psicologia, come materia di studio, a onor del vero, ne sentivo e ne ho continuato a sentire la mancanza negli anni di professione.
Quando ero studente avevo molte aspettative su di me … ma anche molte paure … mi domandavo spesso:
saprò essere un buon medico?
Poi mi immaginavo la scena di me con il paziente e … tutto sommato … me la cavavo bene, ma c’era sempre un punto su cui mi bloccavo e mi spaventavo … come avrei fatto a dare comunicazioni di diagnosi infauste? Quelle conosciute come “CATTIVE NOTIZIE” …
Io … ragazzino … specializzando … avrei dovuto imparare a comunicare diagnosi a persone molto più grandi di me! Difficilissima, questa parte ….
Ricorderò per sempre il giorno in cui un medico … forse un po’ affaticato dal suo lavoro … mi disse: “Mi raccomando Sforza non affezionarti mai a nessun paziente, questa è la prima regola del buon medico!”
Io sgranai gli occhi … anche perché fino a quel momento avevo sentito di provare una qualche emozione per chi avevo in cura.
E lui: “Le rimandi al mittente tutte le emozioni che la farebbero stare male! Mi dia retta …”
E così per qualche tempo gli diedi retta, ma poi sentii che mi venivano su … tutte insieme … queste emozioni … che non riuscivo a classificare.
Erano tutte aggrovigliate tra di loro e non riuscivo a districarle. Fino a quando non ho incontrato Guido Speranza.
Fu lui, con le sue domande, a farmi capire che non dovevo avere paura delle mie emozioni, e dovevo sentirle … tutte … proprio tutte, perché a tutte dovevo dare un nome che avesse un senso.
Fateci caso, tutto quello che riusciamo a controllare nella vita ha sempre un nome e cognome e solo dopo averlo trovato abbiamo la capacità di gestirlo, perché lo riconosciamo, lo classifichiamo e, così facendo, gli diamo forma e contenuto.