La prima visita di Guido Speranza (seconda parte)
Lisa:
evitate sempre il noi quando parlate con un paziente, perché in quel noi il paziente e il familiare fanno fatica a riconoscersi e non favorisce la relazione, serve molto di più un sorriso accogliente
Dottor Sforza
Quando vidi Guido Speranza seduto sul bordo della sedia come a dirmi “facciamo in fretta che ho un impegno” feci finta di non accorgermene.
Non lo conoscevo ed ebbi timore di infastidirlo … ora, invece, quando vedo qualcuno in quella stessa sua posizione gli sorrido e dico: “Si metta comodo, perché ho bisogno di parlarle bene e vorrei che lei mi domandasse quello che ritiene utile per capire la sua situazione.”
A volte butto là anche una battuta … perché a me piace scherzare con le persone … e dico: “Mi sembra che abbia fretta, vuole scappare da me?”
Allora le persone si accomodano meglio e subito mi vogliono rassicurare … “ma cosa dice dottore … è che avrei preferito conoscerla in un’altra situazione…”
Anche Guido Speranza avrebbe preferito conoscermi altrove, ma così non è stato … e il suo cercare di capire tutto il più in fretta possibile … mi lasciò a disagio … non so cosa mi accadde dentro, ma ebbi il desiderio di rassicurarlo il più possibile … altre volte mi era capitato con altri pazienti, ma mai così forte come con lui … tanto che iniziai a dirgli tutto quello che potevamo fare per lui, “che non era solo, che c’erano i medici, gli psicologi, gli infermieri” … che eravamo lì tutti per lui e che avevamo una malattia da gestire … e mentre gli dicevo così, lui sorrise e disse a bassa voce: “io … ho una malattia … non …. abbiamo una malattia …”
Secondo me lui non si accorse nemmeno d’averlo detto, ma io, dentro di me, pensai:
“Ma io sono un pirla … gli ho appena detto che ha una malattia e poi inizio a parlare al plurale dicendo <<ci cureremo>>?”
E’ stato con Guido Speranza che mi sono accorto che come medici e infermieri parliamo sempre al plurale con i pazienti e con i familiari, quando invece … le malattie … appartengono sempre e solo alle persone e alle loro famiglie … io, come medico, posso semplicemente curarle.