Genitori e Figli
Lisa:
Le malattie sarebbe meglio non entrassero nella vita delle famiglie, ma questa è la vita. Scegliere di raccontare ad un figlio della propria malattia vuol dire fortificarlo. Scegliere di raccontare ad un figlio della propria malattia vuol dire non rischiare di perdere la fiducia del figlio nei propri confronti.
Questo vuol dire che il figlio saprà sempre di avere un adulto che lo sta aiutando a crescere.
Guido:
Al mattino mi alzai presto, perché avevo lezione a scuola. E’ stata la mia grande passione per lo sport a farmi diventare insegnante di Educazione Fisica.
Da ragazzo ero una promessa del calcio.
Un incidente, durante una partita, non mi permise di raggiungere la serie A.
La mia carriera calcistica finì a 19 anni in serie C per un incidente sul campo.
Il mio allenatore, quando mi feci male, non mi lasciò sfogare, non mi consolò e mi spiegò subito come funzionava la vita, dal suo punto di vista:
“Dovevi stare attento a dove mettevi i piedi!” disse
In quel momento, promisi a me stesso che nella vita mi sarei sforzato di essere molto diverso dal mio allenatore.
Sì, perché … alla fine dei conti non è necessario incontrare sempre e solo persone capaci, sono altrettanto importanti anche le persone incapaci, come il mio allenatore, perché osservando loro, possiamo cercare di essere diversi, magari migliori.
Arrivai in palestra e incominciai a fare lezione.
Avevo la III B, un po’ irrequieta, ma ricca di una vivacità rispettosa.
Antonio, uno dei miei allievi più affezionati e, come diceva lui “mi faccio bocciare sempre per non lasciare lei, Prof!”, si avvicinò preoccupato e mi disse:
“Problemi con la scuola? Prof, se la fanno arrabbiare me lo dica che ci penso io!”
“No, Antonio, nessun problema, mettiti in fila che iniziamo.”
Lui continuò: “Io la conosco Prof, lei c’ha dei pensieri. Prima mi ha visto nel parcheggio in scooter senza casco e non mi ha detto nulla. Lei oggi pensa ad altro. Mia madre, quando mi vede così distratto, mi chiede sempre se sono innamorato e c’ha ragione, sono sempre innamorato, mi piacciono tutte!”
I compagni risero.
“Ero solo distratto. Iniziate a correre.” Dissi.
Notai, allora, appoggiato al muro, vicino all’ingresso, Lorenzo che si allacciava le scarpe. Andai verso di lui.
Lorenzo mi vide e, facendo finta di niente, passò velocemente le dita sul volto. Mi accorsi che stava piangendo e lui cercò di aggregarsi al gruppo dei compagni, ma gli feci cenno di seguirmi fuori dalla palestra.
Dalla porta dissi ai ragazzi di correre per altri dieci minuti.
Lorenzo era il più taciturno della classe.
All’inizio non voleva rispondere alle mie domande, poi si lasciò andare.
Mi raccontò che era arrabbiatissimo con i suoi genitori, perché facevano finta di nulla, ma lui vedeva la madre ogni giorno stare un po’ peggio e si era convinto che fosse malata. Gli dissi di fidarsi dei suoi genitori, che di sicuro sapevano cosa fosse bene per lui e lui mi stoppò con una domanda:
“Perché voi genitori riuscite sempre a fare la cosa giusta al momento giusto per i vostri figli?”